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    A MUSIGNANO LUCIANO BONAPARTE PRINCIPE TOMBAROLO    


 

Comune: Canino
Tipo : FATTI, MISFATTI, LUOGHI E PERSONAGGI

Luciano Bonaparte, fratello di Napoleone, visse per gran parte della sua vita a Roma e nell’Alto Lazio. Acquistò dei possedimenti nel viterbese ed in particolare a Musignano di Canino, presso cui si trova la grande area archeologica etrusca di Vulci.
Qui, sia per passione che per ragioni economiche si dette ad organizzare scavi, da cui trasse ricchi reperti che in parte collezionò ma in gran parte disperse, vendendoli proficuamente ai mercanti d’opere d’arte dell’epoca.



Luciano Bonaparte, Principe di Canino e Musignano, era FRATELLO MINORE DI NAPOLEONE; nacque ad Ajaccio il 21 maggio 1775 e morì a Viterbo il 29 giugno 1840.
Durante la Rivoluzione Francese sostenne Robespierre e rivestì - già da giovanissimo - importanti incarichi militari e politici. Indirettamente sostenne l’ascesa del fratello, da cui però si tenne sempre abbastanza indipendente, non condividendone il progetto dittatoriale che aveva in mente.
A VENTICINQUE ANNI ERA GIÀ MINISTRO DEGLI INTERNI dopo di che fu nominato Ambasciatore a Madrid, dove conobbe quella che rimase la sua amante segreta (o quasi), la marchesa Ana Maria di Santa Cruz. A quel tempo ebbe occasione di diventare AMICO DI PAPA PIO VII sostenendo la possibilità di un Concordato fra la .Francia e la Chiesa che in effetti fu posto in atto il 15 luglio 1801.
Ancora giovanissimo, RIMASE VEDOVO E SI RISPOSÒ CON LA VEDOVA DI UN RICCO BANCHIERE (ALEXANDRINE DE BLESCHAMP), contro il parere del fratello Napoleone che stava combinando per lui qualche MATRIMONIO POLITICAMENTE PIÙ CONVENIENTE. Questa fu la prima causa di rottura con il futuro Imperatore che LO COSTRINSE ALL’ESILIO A ROMA, NEL 1804.
Nel 1808 acquistò, dalla Camera Apostolica, i terreni di Canino dove prese dimora stabile al borgo di Musignano (frazione di Canino, che il suo amico Pio VII farà poi assurgere al rango di Principato). Tra Roma e Canino visse tranquillamente fino al 1809, anno in cui lo Stato Pontificio finì sotto l’autorità imperiale francese che gli diede filo da torcere.
Decise allora di CERCARE UN NUOVO ESILIO e si avviò per gli Stati Uniti, ma la sua nave finì in mani degli Inglesi e così, in regime di libertà vigilata,VISSE IN INGHILTERRA DAL 1810 AL 1814, cioè fino a quando il fratello Napoleone finì all’Isola d’Elba. Tornato a Roma, il 31 agosto 1814 Pio VII lo insigniva del titolo di Principe di Canino (successivamente, il 21 marzo 1824 Leone XII gli attribuirà anche il titolo di Principe di Musignano).
Nel 1815 si riconcilia con Napoleone, appena fuggito dall’Elba, e SI RECA A PARIGI PER SOSTENERLO NEL PROGETTO DI RIVINCITA, MA DOPO WATERLOO EGLI TORNA A ROMA, dove però viene guardato con grande sospetto.
Svolgendo attività culturali d’ogni genere trascorse molto tempo fuori Roma, specie nelle Marche ed in Emilia. In quel periodo, assillato dai debiti, era stato costretto a vendere i palazzi romani. L’origine del suo collasso economico va ricercata nella vita sfarzosa condotta a Roma ed in prestiti azzardati che aveva concesso (specie alla ormai nota amante, la marchesa di Santa Cruz) che non gli erano stati restituiti.
Fu nel 1828 che lo raggiunse la NOTIZIA DI IMPORTANTI RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI A VULCI (NELLE SUE TENUTE DI MUSIGNANO) di cui si stava occupando la moglie, Alexandrine. Luciano si precipitò immediatamente sul luogo degli scavi e, da bravo uomo di cultura, STUDIÒ E DOCUMENTÒ I RITROVAMENTI ma già pensando in cuor suo all’occasione che si presentava per risanare le sue disastrate finanze. Fu lui in pratica il primo organizzatore del saccheggio su vasta scala delle tombe etrusche e, seppure nobilitando questa attività con effettivi interessi di studio, contribuì grandemente alla dispersione dell’immenso patrimonio che si era conservato, quasi integro, per duemila anni. Egli, in parallelo, continuò ad interessarsi di politica anche producendo numerosi scritti, fino a tarda età: muore a Viterbo il 29 giugno 1840 (a 65 anni) e viene sepolto nella Cappella gentilizia della Collegiata di Canino.
Mentre notoriamente LUCIANO UNIVA ALL’INTERESSE ECONOMICO UNA CURA E VERA PASSIONE PER GLI OGGETTI TROVATI (ne era anche un avveduto collezionista) il maggior danno pare sia stato procurato - dopo la sua morte – quando LA VEDOVA (ALEXANDRINE) CONTINUÒ GLI SCAVI IN MANIERA FORSENNATA al solo scopo di proseguire nel lucroso commercio. Alla sua morte ella lasciò a Canino un buon ricordo per aver devoluto a quella comunità una cospicua somma di denaro, ma i danni procurati furono ingenti (come testimoniò anche George Dennis, uno studioso inglese noto per i suoi studi e scoperte in Etruria). Consultando il sito http://www.canino.info si possono conoscere molti dettagli dell’intera vicenda.
Quando rimane erede del residuo patrimonio di famiglia, il figlio primogenito (Carlo Luciano Bonaparte) VENDE TUTTO A DON ALESSANDRO TORLONIA, esponente della nota famiglia che detiene ancora oggi, gelosamente nascosti, IMMENSI TESORI D’ARTE nazionali. Giusto in tempo perchè a Vulci avvenga la più strabiliante delle scoperte: la TOMBA FRANCOIS, i cui stupendi affreschi sono oggi depositati a Roma (Villa Albani, proprietà Torlonia e perciò non visibili; ci si deve accontentare di una PREGEVOLE RIPRODUZIONE esposta al Museo di Canino).

Nella Foto - Sinistra: antichi attrezzi da tombarolo, al Castello della Badia di Vulci
Destra : ritratto di Luciano Bonaparte (dip. Da Umberto Gualaccini)

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